Ai lettori svegliardi e non
Ho scritto queste note a commento del film “Il Comandante”, più di trent’anni dopo la sua comparsa sugli schermi, collocandomi sfacciatamente dalla parte degli uomini.
Di tutti quegli uomini deviati dal successo in carriera che un brutto giorno, al momento del pensionamento, dovranno rientrare in famiglia e non saranno accolti come Ulisse, secondo Omero, venne accolto al rientro della sua ventennale “carriera” di avventuriero giramondo e dongiovanni.
Mi dà una certa malinconia pensare all’accoglienza che le donne potrebbero riservare a questo libretto, se decidessero di leggerlo: soltanto il pensiero di averne qualcuna ostile mi atterrisce.
Perché io amo le donne, si può dire più di me stesso, non vorrei vivere in un mondo senza i sorrisi e la dolcezza delle donne. Se dovessero dirmi: puoi salvare del mondo una cosa soltanto, non penserei mai al Duomo di Milano, al Grand Canyon o alla Tour Eiffel. Direi senza ombra di dubbio: una donna. La penso come il vecchio Adamoe sarei disposto, come lui, a sacrificare una costola, all’occorrenza. Ci sono tuttavia dei doveri pietosi da compiere anche verso i maschi, – doveri che gli autori di successo si guardano bene dall’affrontare e fanno bene.
Come puoi pensare di offrire comprensione alla razza più antipatica della terra, quella degli arrampicatori, spesso superbi, prepotenti e presuntuosi, si-n/a dover poi fare i conti quando torni a casa?
Ecco allora che questa scomoda incombenza deve prendersela uno come me, un uomo d’insuccesso,che può anche infilarsi in un vespaio, tanto nonha nulla da perdere.
Da trent’anni mi occupo di vecchi, non per mestiere ma per passione. Il mio sogno è sempre stato quello di vederli realizzare i loro sogni, vincendo le loro pigrizie e prudenze e il pregiudizio degli altri. Qualche volta ci sono riuscito, insieme a loro, ai vecchi, ed è stata per tutti una grande gioia. Molte altre no, e sono state sconfitte, le stesse che mi autorizzano a presentarmi oggi come uomo di insuccesso. Uno che è invecchiato, a sua volta, dietro a un’utopia senza imparare mai la lezione, ottuso e testardo come un pugile suonato. E con immutata ostinazione mi applico a fare questa cosa, che verrà giudicata senza capo né coda, senza gusto e senza stile, piena soltanto di moralismo e supponenza.
Lo so già, so cosa rischio. E lo faccio lo stessoperché c’è una categoria così distratta, le persone di successo, che se non parli chiaro e forte con rulli di tamburo e squilli di trombe, quelli non ti ascoltano. E finiscono male, io lo so, come il generale Cavalli, e alla fine ti dicono “noi non sapevamo nulla” oppure “se qualcuno ci avesse aperto gli occhi…”.
Sono qui per questo. Se c’è una cosa che non si dovrebbe mai fare, pena il rischio di pagare dei conti salati, è dire in faccia alle persone le cose spiacevoli che pensiamo di loro. Non si può farlo con i parenti, né con gli amici, né con i figli, anche se nessuno, in questo caso, può dubitare della nostra buona fede.
Figuriamoci con gli estranei.
La sincerità urlata non è gradita e non è neppure di moda, poteva esserlo al tempo di certi proclami perentori e un po’ retorici.
Oggi anche i sentimenti non si enunciano brutalmente, non soltanto le idee e gli ammonimenti. Si cerca l’allusione simpatica, l’ammiccamento furbo, la battuta intelligente. Si cerca di dargli oggettività in qualche modo e in qualche forma decorosa. Mai con l’altoparlante, mai senza un velo di schermo.
Cosi finisce spesso che i messaggi più utili, quelli concepiti per mettere in guardia, si disperdono nel rumore e nella disattenzione.
Questo rischio non voglio correrlo. A costo di sentirmi le mie, voglio dire chiaro e forte agli uomini di successo, soprattutto a quelli inseriti in unaqualche gerarchia, che la fine del lavoro può arrivare e trovarli impreparati. E che finire, sopportato amalapena dalla famiglia, sulle rive di un laghetto a giocare con dei modellini di barchette, come Toto nel finale del film, è un destino triste.
Un destino che tocca soprattutto agli uomini che hanno investito tutto sulla carriera: ma non solo e non tutti per sfrenata ambizione personale. Tanti sono stati sedotti dall’illusione di essere capiti e addirittura sostenuti dalle famiglie in questo loro delirio di potenza.
“L’ho fatto per te”, dice il generale Cavalli allamoglie, che ormai irrimediabilmente lo rifiuta e lo disprezza.
Questi consigli sono pensati per loro, per i maschi sbadati e prepotenti, ancora in carriera. Perché si fermino un attimo a riflettere prima che sia tardi.
E se questo è un atteggiamento maschilista oppure un canto di nostalgia per tutto quello che eravamo, per le nostre donne, e per tutto quello che abbiamo sciupato con insensata sbadataggine fino a ridurle, a volte, un grumo di risentimento, lo diranno le lettrici.
E il loro giudizio, ancora una volta, sarà senza appello.