Mi piace curiosare qui all’Oasi, lungo i vialetti degli orti, mentre il primo sole di questa primavera fresca comincia a scaldare i nostri giacconi e, subito dopo, le nostre vecchie ossa di pensionati.
Qualcuno rogna, non si capisce contro chi, qualcun altro tace, in entrambi i casi conviene andare oltre per non imbattersi in questioni spinose.
Eccolo finalmente quello giusto col suo giaccone militare. Eccolo che mi accoglie con un sorriso largo: “In piedi così presto, presidente?” Non sono abituato a sentirmi chiamare così. Mi giro per vedere a chi sta parlando: non c’è nessuno, ce l’ha proprio con me.
Rispondo la prima cosa che mi viene in mente, la solita cosa che dico a tutti, noi vecchi siamo così.
“Presto sarà per lei – dico -io sono in piedi dalle cinque.”
“Brutti pensieri?”
“Niente brutti pensieri, solo insonnia”. E’ il mio solito disco, ma lui non lo sa, non ci conosciamo
“Capita anche me, sono i pensieri – fa lui – anzi il fatto proprio di non avere pensieri. Fra poco mi alzo, penso, prendo il mio bel caffè e fumo la prima sigaretta, poi piano piano mi avvio verso Bagnella, a piedi che al mattino fa bene: c’è l’orto qui che m’aspetta.”
“Bravo, qual è il problema?”
“Glielo ho detto, nessun problema. Potrei restare a dormire un’altra oretta, ma non ci riesco. Il nipote che cerca lavoro e non lo trova. Il genero lasciato a casa dall’oggi al domani. E io con la mia pensione sicura, non un granché, ma mi basta. La salute, se Dio vuole, c’è, l’orto qui che mi aspetta. Non mi crederà, mi tocca di alzarmi: non mi sento a posto.”
Rimango di sasso. Ho sentito tanta gente lamentarsi, qui agli orti, in più di 30 anni. Gente che se la prende per una zucca tagliata, magari per dispetto, o per un pomodoro scomparso.
Uno che se la prende perché si considera fortunato, troppo fortunato rispetto ad altri e per questo non riesce a dormire l’ora più bella, quella del mattino presto, non l’avevo ancora sentito. Mi è venuto da pensare allora che il buono in tante persone c’è.
C’è tanto di buono in moltissime persone ma non viene mai fuori perché ci si vergogna a farli, i discorsi come questo dell’insonnia da eccesso di fortuna. Come si fa, fra tante proteste e tanti malumori, anche gratuiti, anche immotivati, come si fa a dire “Non riesco a riprendere sonno al mattino perché ci sono troppe persone meno fortunate di me?”
Non so cosa dirgli, mi sento a disagio. Posso dirgli “Non si faccia sangue cattivo, non è mica colpa sua” Posso dirgli “Si giri dall’altra parte e pensi a dormire” Allora taglio corto e nell’andarmene gli faccio: “Qualcosa si può sempre fare quando c’è la salute.” E’ la prima cosa che mi viene, è un po’ sciocca ma è la prima.
Sono già avanti un pezzo: mi giro, è ancora là, immobile nel suo giaccone militare, in piedi in mezzo al suo orto che guarda verso di me.
“E domattina?” mi fa di lontano.
“Domattina ci pensi e poi ne riparliamo.”
Mi è venuta così, la prima.